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L’arcipelago delle Maldive si compone di circa 1.190 isole coralline coperte di palme e cespugli di mangrovie, suddivise in 26 atolli naturali (19 amministrativi).
Tra queste isole solo 200 circa sono abitate e sono più di un centinaio i villaggi turistici presenti. In realtà è difficile stabilire con esattezza quante isole compongono l’arcipelago poiché, se le lingue di sabbia e gli affioramenti di corallo fossero inclusi nel conteggio, la quantità salirebbe intorno alle 2.000 unità. La stima è ulteriormente complicata dal fatto che le isole vanno e vengono: alcune si uniscono, altre si spaccano in due oppure, a volte gli isolotti emergono occasionalmente dai vari reef.
La maggior parte di queste isole è di modeste dimensioni ed è perciò possibile attraversarle o percorrerne a piedi il periplo impiegando poco meno di 10 minuti.
L’altezza massima delle isole non supera i 3 metri sul livello del mare, le isole sono sottoposte al fenomeno dell’erosione delle spiagge operato dai venti, dalle correnti e dalle maree, che costringe i resort ad adottare varie soluzioni per contrastarlo. Questo è anche il motivo per il quale un’isola può assumere aspetti diversi nelle diverse stagioni, presentando lingue di sabbia provvisorie o spiagge ampie per alcuni mesi su un lato, che si “trasferiscono” sul lato opposto nei mesi successivi.
Il termine atollo (derivato dalla parola atholhu nella lingua ufficiale maldiviana, il dhivehi) indica una cintura corallina di dimensioni e forme diverse, che racchiude al suo interno lagune, isole e reef, intervallata da pass o canali.
Come si siano formati gli atolli è ancora un fenomeno che presenta molti lati oscuri e su cui sono state fatte diverse ipotesi. Nel 1842, dopo avere studiato gli atolli nel pacifico e nell’atlantico, Charles Darwin ipotizzò che queste isole fossero state generate dai vulcani sprofondati in mare. Questa la possibile successione dei fenomeni avvenuta 50 milioni di anni fa: il vulcano affonda gradualmente in seguito ad un’eruzione; il corallo si sviluppa sui suoi bordi per restare il più possibile vicino alla superficie ove è più facile trovare nutrimento; la sabbia ed i residui di corallo, portati dalle correnti e dalle maree, riempiono nel corso dei secoli il cratere e ciò permette, in un secondo tempo, la nascita di piccole isole, la crescita di piante e la presenza di animali. Anche se Darwin stesso non era certo della sua teoria, la maggior parte degli scienziati l’ha considerata valida.